Nitocri, Vienna, van Ghelen, 1722

 ATTO SECONDO
 
 Campagna di Menfi, in mezzo la quale sta la gran piramide, eretta dalla regina Nitocri al già re Amenofi, suo fratello. Ai fianchi vi si scorgono diversi obelischi, ornati di ieroglifici egizziani. Nel fondo e ai lati di essa piramide, veggonsi due gran portici, i quali guidano alla città di Menfi.
 
 SCENA PRIMA
 
 RATESE e MANETE, uscendo del portico sinistro
 
 RATESE
 Manete, il mio delitto,
575se delitto dir puoi colpa felice,
 eccomi giunto a giudicare in altri
 e, ciò che è più, nel mio nemico istesso.
 Io trafissi Amenofi. Oggi ne paghi
 Mirteo le pene e la sua tronca testa.
 MANETE
580Ei la reggia assalì. Questo è ’l suo fallo.
 RATESE
 E del vero convinto e suo misfatto,
 fatto è reo del non suo. Muover fra l’ombre
 a la reggia dovea nemici assalti
 l’uccisor di Amenofi. Ove un si scorga,
585l’altro è palese. Il foglio parla. Io siedo
 giudice e non accuso.
 Trovo ragion di colpa e la punisco.
 MANETE
 E ’l tuo cor non l’assolve?...
 RATESE
 Debolezza di un cor sono i rimorsi.
 MANETE
590Chi quel foglio vergò...
 RATESE
                                            Me volle estinto.
 Ma vedi. Or la mia sorte
 vien da la sua perfidia; e col suo braccio
 mi vendico e mi salvo.
 MANETE
 (Nuove per me punture e nuove angosce).
 RATESE
595I satrapi già stanno
 raccolti e chiusi. Ei la pietà di pochi
 e di tutti ha l’invidia.
 Così il regio favor serve di spinta
 a chi d’alto ruina.
 MANETE
600Tu sai quanto a Nitocri egli sia caro.
 RATESE
 Sì, ma d’esser amante ella ha rossore;
 di parer giusta ha gloria.
 Svenerà, sospirando,
 a le leggi l’amore.
605Nol farà? Tema anch’ella
 le pubbliche querele
 e i mali, onde è seguito
 de le leggi il disprezzo
 in popol fiero, a rispettarle avvezzo. (Entra nel portico destro, ad incontrar la regina)
 
 SCENA II
 
 MANETE
 
 MANETE
610Pace, o spirti agitati. Avanti il tempo
 affliggersi sconvien. La mia regina
 per me tolta è a periglio.
 Pago è l’onore; è soddisfatto il zelo;
 e di Mirteo, colpevole o innocente,
615prendasi amor, prendasi cura il cielo.
 
    Lupo in foresta,
 mare in tempesta
 urli ad altri, ad altri frema.
 Basta a me non sentir verme,
620che mi roda, e star sul lido.
 
    Fiero serpente,
 folgore ardente
 d’altri sia periglio e tema.
 Con piè franco e ciglia ferme
625scherzo al fischio e al tuon mi rido. (Odesi in lontano sinfonia strepitosa di strumenti egizzi; e quindi, preceduta dalle guardie reali e seguita da’ suoi satrapi, esce fuor del portico destro Nitocri, accompagnata dagli altri e servita da altre guardie)
 
 SCENA III
 
 NITOCRI, EMIRENA, MICERINO, MIRTEO, RATESE, MANETE e IMOFI
 
 CORO
 
    Qui d’oro e porfido
 hanno urna splendida
 le fredde ceneri
 del nostro re. (Siegue la sinfonia, poi torna il coro)
 
630   Ma l’ombra flebile,
 di sangue squallida,
 in sede placida
 qui ancor non è.
 
 MEZZO IL CORO
 
    Quanti Asia ed Africa
635marmi ha pregevoli
 real piramide
 assorbe in sé.
 
 REPLICA TUTTO IL CORO
 
    Ma l’ombra flebile,
 di sangue squallida,
640in sede placida
 qui ancor non è.
 
 MEZZO IL CORO
 
    L’uccisor perfido
 gli estremi aneliti
 ancora esanime
645al suol non diè.
 
 TUTTO IL CORO
 
    E l’ombra flebile,
 di sangue squallida,
 in sede placida
 qui ancor non è.
 
 RATESE
650Nel tuo nemico alfin, regina, abbiamo
 l’assassin di Amenofi.
 Vi son complici e prove; e pria che scenda
 sul collo a l’empio il punitore acciaro,
 ti è forza a la sentenza,
655con sacro inviolabil giuramento,
 le difese obbligar, tolto a te stessa
 l’arbitrio del perdono. Ove si debba
 il sangue vendicar di un re trafitto,
 regnan le leggi e la pietà è delitto.
 NITOCRI
660Diletta ombra fraterna
 che a questa tomba, monumento illustre
 de l’amor mio, mesta ti aggiri intorno
 e da vendetta il tuo riposo attendi,
 l’avrai del tuo omicida
665sul tronco busto. A la sentenza il voto
 giuro sovra il mio capo; e s’io spergiura
 fia, me del grande Ammone,
 me del possente Osiri
 fiedan le corna, in me del fiero Anubi
670latrino l’ire, in me d’Iside gli aspi
 versino il tosco e, invan pregato, il Nilo
 dai patri campi si ritiri e fugga
 e fame ne divori, ardor ne strugga.
 RATESE
 Colà, dove raccolti
675stanno satrapi e duci, il giuramento
 confermar dei, regina.
 NITOCRI
                                            Andiam, Ratese.
 TUTTI
 Si affretti al traditor supplicio e morte. (Parte Nitocri, seguita dagli altri, ed entra nel portico sinistro)
 EMIRENA
 Del dolente Mirteo fuggo la vista. (Volendo partire, Emirena vien fermata da Mirteo)
 
 SCENA IV
 
 MIRTEO ed EMIRENA
 
 MIRTEO
 Fermati e non fuggir da un infelice
680che tu sola facesti.
 EMIRENA
 (Aimè!) Parti, o Mirteo...
 MIRTEO
                                                No. Di Emirena
 parlo al cor, non al grado. Io vo’ saperlo.
 Qual demerito avean gli affetti miei?
 Qual la lunga mia fede?
685Amavi Micerin? Non te ne accuso.
 Ma perché simularlo? A che di vane
 speranze lusingarmi? A che di sguardi
 nutrirle e di sospiri
 che al mio rival tremar faceano il core?
 EMIRENA
690Mirteo, di noi così dispose amore.
 Ubbidir ne convien. Dir più non posso.
 MIRTEO
 Intendo. Ubbidirò. Non ti dia tema
 che i tuoi lieti imenei venga a turbarti
 un amor disperato.
695Il mio duolo, quant’è, non ha, non vuole
 altro nemico ed altra
 vittima che me stesso;
 e la darò.
 EMIRENA
                    Crudele!
 MIRTEO
                                       In te quel bene,
 per cui cara la vita
700esser sol mi potea, tutto perdei.
 Morte, morte dia fine a’ mali miei.
 EMIRENA
 Odimi; e fien più giuste
 le tue querele. È vero.
 D’altri sarò. Diedi la fede. Il dissi;
705e a l’ara infausta porterò tremante
 la destra, sposa sì ma non amante.
 MIRTEO
 Lusinghe.
 EMIRENA
                      Il ciel lo vede. Eri tu solo
 mio dolce oggetto. Io mi facea in amarti
 gloria e piacer.
 MIRTEO
                              Spergiura.
 EMIRENA
                                                    Oh! Di me stessa
710fosse stato in poter! Mio già saresti.
 MIRTEO
 Chi ti vietò di farlo?
 EMIRENA
 Tua sorte e mio dover. T’ama Nitocri.
 Miseri noi, se al suo geloso amore
 giunta fosse del nostro
715vicendevole amor qualche scintilla!
 Tacqui. M’infinsi. Ogni arte oprai. Non valse.
 Vinse la dura legge. A quel destino,
 che ti chiama a grandezze,
 sacrificar fu forza il mio riposo.
720Per troppo amarti io ti tradii. Mirteo,
 dimmi se degna or sia
 di accuse o pianti la miseria mia.
 MIRTEO
 E di pianti e di accuse.
 Vedrai da me come in amar si vinca.
725E se in te fosse stato amor verace,
 tu mia saresti, altri sarebbe in lutto.
 O viver per chi s’ama o perder tutto.
 
 SCENA V
 
 MICERINO e detti
 
 MICERINO
 Mirteo, vien la regina e di te chiede.
 Emirena, qual pianto? Ella nol vegga.
 EMIRENA
730Pietà lo sparge a sfortunato amante.
 Tu di amico fedel gli uffici adempi
 e fa’ ch’ei segua del suo fato il corso.
 
    In me tu perdi... E che? Beltà che è frale.
 Affetti vuoi da me? Gli hai fidi e casti.
 
735   Spera. Al tuo merto avrai fortuna eguale.
 Non era il tuo gran ben quello che amasti.
 
 SCENA VI
 
 MICERINO e MIRTEO
 
 MICERINO
 Chi ’l crederebbe? Io, ch’esser lieto appieno
 dovrei, Mirteo, t’invidio.
 MIRTEO
 Invidia non fu mai per gl’infelici.
740Emirena è tuo acquisto, angoscia il mio.
 MICERINO
 E di Emirena a me la man che giova,
 se tu il cor ne possiedi?
 MIRTEO
 E a due lagrime il credi?
 MICERINO
                                                Il credo al fiero
 duol che l’ingombra; il credo al labbro, agli occhi.
745Nulla in essa vegg’io di sposa amante;
 e per te tutto leggo in quel sembiante.
 MIRTEO
 Ma presto ella verrà tua sposa a l’ara.
 MICERINO
 Qual vittima... Si taccia. Ecco Nitocri.
 
 SCENA VII
 
 NITOCRI con guardie e i sopradetti
 
 NITOCRI
 Si allontani ciascun. Mirteo mi attenda. (Micerino e gli altri si ritirano)
 MIRTEO
750(Nitocri è mia regina. Anche fra l’ire,
 ossequio mio, non obbliar te stesso).
 NITOCRI
 Mirteo, so la tua pena e n’ho pietade.
 Un lungo amor nudrito
 di soavi speranze,
755per cui tanto soffristi e tanto oprasti,
 un amor, che ti ha chiusi
 gli occhi ad ogni altro oggetto
 e forse anche più degno e più sublime,
 alfin ben meritava altra mercede.
760Emirena fu ingiusta. Un comun vizio
 sembra del nostro sesso
 ne la scelta ingannarsi
 e far torto al miglior. Ma un ben perduto
 spesso è di grado a un maggior bene. Io t’offro
765compenso al danno. Ove il desire in altri
 saria stoltezza e colpa,
 tu a sperarlo hai ragion, merto ad ottenerlo.
 MIRTEO
 Tua bontà mi ritrova, o regal donna,
 stupido e non ingrato.
770I tuoi doni altrui serba; in me li perdi,
 qual verde innesto in nudo arido tronco.
 Campo fertile un tempo,
 cui torrente allagò, s’altro non rende
 frutto che arene e sassi,
775n’è rea la torbid’onda. Il fier dolore,
 che l’alma occupa e preme,
 toglie luogo a conforto, il toglie a speme.
 NITOCRI
 Piaga, che stilli ancor, fa troppo senso.
 Ciò che ragion non puote
780farà il tempo, o Mirteo. Sue forze perde
 l’onda che allaga e ’l buon terren rinverde.
 
    Saggio sei. Non sempre viene
 ogni mal per nostro affanno.
 
    Spesso il mal sta ne l’inganno.
785Scorto ingegno il cangia in bene,
 cieca doglia il pasce in danno.
 
 SCENA VIII
 
 IMOFI, poi RATESE, MANETE, MICERINO, satrapi, guardie e i sopradetti
 
 IMOFI
 Regina, a la tua pace
 qual fiero colpo? È noto il delinquente.
 NITOCRI
 In chi?
 IMOFI
                 Nel tuo più caro e l’hai presente.
 NITOCRI
790Mirteo solo qui scorgo.
 RATESE
                                            E in lui conosci
 quel che meno temesti.
 NITOCRI
                                             O dei! Mirteo?...
 MIRTEO
 Nera calunnia in me quai trame ordisce?
 RATESE
 Sì. Da furia egli spinto a te nemica,
 venne armato a la reggia.
795Se ’l può, lo nieghi; e Micerino il dica.
 MICERINO
 Tutto quello, o regina,
 che error rassembra, error non è.
 RATESE
                                                               De l’opra
 non la ragion, l’opra e l’autor ricerco.
 MICERINO
 Mirteo... (Guardandolo)
 MIRTEO
                    Di’. Non ti arresti
800amistà, non timore.
 Sì. Venni armato, è vero...
 RATESE
                                                  Or che più chiedi?
 Eccoti di Amenofi il traditore.
 MIRTEO
 Io traditor? Regina... (Nitocri si allontana da lui, senza più riguardarlo)
 RATESE
 Giuste, se n’hai, discolpe
805porta ai giudici tuoi.
 MIRTEO
 Mio giudice Ratese e i miei nemici?
 Regina, a te mi appello, a te rivolto...
 NITOCRI
 Un empio fratricida io non ascolto.
 Del ferro iniquo ei si disarmi. Imofi,
810a tua fede il consegno.
 MIRTEO
                                           Anche l’oltraggio
 si aggiunge a l’ingiustizia?
 Ma comanda Nitocri. Eccoti un ferro
 che in mia man tante volte
 fu del regno la speme e la salvezza.
 IMOFI
815(O vicende!) (Prendendo la spada dalle mani di Mirteo)
 MANETE
                            (O rimorsi!) (Parte)
 MICERINO
                                                     (Il cor si spezza).
 MIRTEO
 Regina, io parlo ancora a la tua gloria.
 Un folle orgoglio, un odio furibondo..,
 NITOCRI
 A un fellon traditore io non rispondo.
 MIRTEO
 
    Io fratricida? Io traditor? Regina,
820meco tradita sei.
 Armata a’ danni miei,
 invidia e fellonia ti sta vicina.
 
    Per me sprezzo il morir. Ma tolto al regno
 il suo miglior sostegno,
825te pure opprimerà la mia ruina. (Parte con Imofi)
 
 SCENA IX
 
 NITOCRI, MICERINO e RATESE
 
 NITOCRI
 Ratese, in lui di morte
 si soscriva il decreto.
 RATESE
 Venga ai giudici suoi; ne udrà la legge.
 NITOCRI
 Io poi la segnerò.
 MICERINO
                                  Regina, a troppo
830sollecito giudicio
 spesso succede e pentimento e danno.
 RATESE
 Micerino, abbastanza il tuo silenzio
 fu contumace in pro del reo.
 MICERINO
                                                      Se cosa
 trovata avessi in suo disegno iniqua,
835avea zelo, avea braccio, onde punirlo.
 RATESE
 Chi protegge i malvagi, è tal con loro.
 MICERINO
 L’amistà non perverte in me il dovere,
 come in altri il livor. Tu, lo san tutti,
 di Mirteo se’ nemico.
 RATESE
840Il son de’ traditori e tuo, se gli ami.
 NITOCRI
 Non più. Vanne. Si affretti la sentenza. (In atto di partire)
 RATESE
 E la morte al perverso.
 NITOCRI
 Ma non pria che la segni il mio consenso.
 RATESE
 Togliesti a te l’arbitrio del perdono.
 NITOCRI
845Regnan le leggi; ma regina io sono. (Nitocri e Ratese sen vanno da varie parti)
 
 SCENA X
 
 MICERINO
 
 MICERINO
 Altro scampo non resta a l’infelice
 che l’amor di Nitocri.
 Vorrei ma come posso
 difenderlo in quel cor da un’empia accusa?
850Innocente è l’amico e par fellone;
 e da falsa apparenza
 non basta a preservar fama e innocenza.
 
    Tu, che mi svegli in petto
 sì tenera pietà,
855bel nume di amistà,
 dammi consiglio.
 
    Tu quel sentier mi addita,
 per cui del caro amico
 tor possa fama e vita
860al rio periglio.
 
 Gabinetto reale con tavolino.
 
 SCENA XI
 
 NITOCRI e IMOFI
 
 NITOCRI
 De’ satrapi a l’aspetto
 recò discolpe? Sua ragion sostenne?
 IMOFI
 Quercia al soffio degli Euri,
 rupe a l’urto de l’onde
865più crolla e più si scuote.
 Non guardò. Non rispose. Udì sua morte
 senza furor, senza spavento; e in alta
 voce alor protestò che di Mirteo
 sol giudice è Nitocri.
870Dirlo e uscir fu un sol punto. In sua prigione
 stassi or tranquillo e te di sua innocenza
 e te di sua perfidia arbitra implora.
 NITOCRI
 Me un fratricida? Ei non mi vegga e mora.
 IMOFI
 E se fosse innocente?
 NITOCRI
875Al pubblico giudicio egli il sostenga.
 IMOFI
 Tu siedi a la custodia de le leggi.
 NITOCRI
 E con le leggi mie giudican gli altri.
 IMOFI
 Forse in quegli v’ha inganno. Egli a te vuole...
 NITOCRI
 Imofi, ah! che il mio sdegno a quell’iniquo
880sembra un facil trofeo. Sa qual potere
 tenne in quest’alma e se ne affida ancora.
 Perfido! Io l’odio. Ei non mi vegga e mora.
 IMOFI
 
    Morirà, forse innocente;
 e ’l tuo amore alor dolente
885di crudel ti accuserà.
 
    Se non hai più cor di amante,
 hai però quel di regnante.
 Prima ascolta e poi condanna
 la ben certa iniquità.
 
 SCENA XII
 
 MICERINO e i sopradetti
 
 MICERINO
890Col decreto fatal viene, o regina,
 l’implacabil Ratese.
 NITOCRI
 Nitocri il segnerà. Vendicar deggio
 il fratello e me stessa.
 MICERINO
 Senza udir l’infelice?
 NITOCRI
895Parlan troppo per lui l’ombre e gli assalti
 e ’l mio periglio e di Amenofi il sangue.
 MICERINO
 Son sue accuse finor; non son sue colpe.
 NITOCRI
 Me con l’armi assalir fu zelo e fede?
 MICERINO
 Tutt’altro che perfidia. Anche quell’ire
900in tua gloria servian, non in tua offesa.
 NITOCRI
 Oscuro favellar cresce i sospetti.
 MICERINO
 Mirteo l’ombre dilegui. Almen si ascolti.
 IMOFI
 Sì, che ti nuoce udirlo? Hai forse tema
 di trovarlo innocente?
 NITOCRI
905(Cor di regina, a vacillar cominci).
 MICERINO
 Di Mirteo tu non guardi
 che il presente destin. Nel suo gran lume,
 qual fu vedilo ancora.
 NITOCRI
 Un fratricida? Ei non mi vegga e mora. (Mostra di partire e poi si ferma in lontano ad ascoltar Micerino)
 MICERINO
910Sfortunato Mirteo! Giusta per tutti,
 per te solo è crudel la tua regina.
 Abbandonarti a vil supplizio è ’l frutto
 de’ tuoi chiari trionfi.
 Qual esempio a la fede? Un cieco foglio,
915un indicio fallace, un odio atroce
 tanti merti cancella. Ah! Per soffrirlo
 troppo giusta tu sei.
 NITOCRI
 O dio! Venga l’iniquo a’ piedi miei.
 IMOFI
 Opportuno fu il cenno. Ecco Ratese. (Parte)
 MICERINO
920Nemico di Mirteo, morte gli affretta.
 
 SCENA XIII
 
 RATESE, NITOCRI e MICERINO
 
 RATESE
 Ecco, o donna real, degna d’impero, (Tiene in mano il decreto)
 la più retta sentenza
 che mai sortisse, a gran terror degli empi,
 da quelle leggi, a cui sei mente e braccio.
925La gravezza dei falli,
 la dignità del reo, l’onor del regno,
 la gloria tua tanto esigean dal nostro
 zelo e dover. Complici, accuse e prove
 si confrontar. Nulla di oscuro o incerto
930restò. Tratto al giudicio, il reo si tacque
 e col silenzio confessò i misfatti.
 I giudici uniformi
 dolenti il condannar. Questo è ’l decreto.
 Tu ’l soscrivi, o regina. Io qui l’attendo.
935La plebe impaziente oggi confida
 veder sotto la scure
 cader quel traditor, quel parricida. (Lo dà alla regina)
 NITOCRI
 Lodo il zelo, o Ratese, e lodo l’opra.
 Ben le parti adempiste a voi commesse.
940A me restan le mie. Vattene. In breve
 saprai del voler mio l’ultima legge. (La quale lo depone sul tavolino)
 RATESE
 Ogn’indugio a la pena
 è una grazia a la colpa. Il fratricida
 non merita né meno
945una breve pietà. Scrivi. Il tuo regno
 da te quest’atto di giustizia attende.
 NITOCRI
 Giustizia non si offende
 ne la traccia del ver. Quel che si dona
 tempo a librar le accuse,
950a chi giudica, è pace
 e non grazia a chi è reo.
 MICERINO
                                              Saggia ragiona.
 RATESE
 Già data è la sentenza.
 NITOCRI
 Ei colpevol si niega e a me si appella.
 RATESE
 Chi colpevol fia mai, se negar basti?
 MICERINO
955E se basti accusar, chi fia innocente?
 RATESE
 E tu l’udrai?
 NITOCRI
                          Sì, che giustizia il guardo
 tien chiuso e non l’udito.
 RATESE
 Difese avea? Perché tacerle a noi?
 MICERINO
 Perché, dove a innocenza
960il giudice è sospetto, ella ammutisce.
 RATESE
 Il re sceglie a custodia
 de le leggi i migliori e in lor riposa.
 MICERINO
 Ma se giungono a lui strida e querele,
 scuotasi, orecchio porga, annulli, approvi;
965e a norma di equità, sia re di tutti.
 RATESE
 Giurasti...
 NITOCRI
                      E vo’ punir ma il delinquente.
 RATESE
 L’arbitrio del perdono a te togliesti.
 MICERINO
 Troppo zelo è furor. Chi in te lo accende?
 NITOCRI
 E chi por meta al mio poter pretende?
970Vanne. So il mio dover. Mirteo si ascolti.
 RATESE
 Si assolva ancor. Ma sai
 ciò che il popol dirà? Ch’ei si lusinga
 di sedurti a pietà, che il suo buon genio
 ti predomina e regge;
975più dirà ancor. Che non han freno o legge
 le pubbliche censure. Il tuo buon nome
 fu sprone al zelo e non furor. Ratese
 sol non fu a giudicar; né a me s’aspetta
 de l’estinto Amenofi il far vendetta.
 
980   La farà quell’ombra misera
 che da l’urna: «Il sangue» grida
 «chieggo a te del mio omicida».
 
    La farà l’egizzio popolo
 che fremendo: «Il capo» grida
985«dammi tu di un parricida».
 
    La farà la fiera Nemesi
 che sdegnosa: «Estinto» grida
 «sia per te quel fratricida».
 
 SCENA XIV
 
 NITOCRI, MICERINO e poi MIRTEO
 
 NITOCRI
 Il seggio a me. (Ad una delle sue guardie)
 MICERINO
                               Con le sue furie e’ parta. (Entra Mirteo e Micerino gli va incontro)
990Vieni, o Mirteo. Confondi i tuoi nemici.
 Difendi la tua vita e la tua fama. (Si avanza verso Nitocri, la qual, postasi a sedere, non mai lo riguarda)
 MIRTEO
 Se a’ miei fieri nemici
 fosse stato in pensier solo assalirmi
 in quella parte, che è caduca e frale,
995sì misero è lo stato, in cui mi trovo,
 che a mio gran bene ascriverei la morte.
 Ma rivolti a ferirmi
 ne la vita miglior, che è la mia gloria,
 son costretto a cercar riparo a l’onta
1000e a non lasciar vilmente
 un sì indegno trionfo al lor furore.
 Due mi si oppongon gravi orridi eccessi,
 tradimento, assassinio.
 L’un con l’altro sostiensi. Io l’un con l’altro
1005distruggerò. Me tua giustizia ascolti.
 A lei parlo, o regina; a lei, che tutta
 fa la felicità del tuo gran regno,
 fido la mia speranza e ’l mio sostegno.
 NITOCRI
 (Oh! Fosser l’opre al dir conformi!)
 MIRTEO
                                                                  Ucciso
1010fu in Menfi e nel suo letto il tuo germano.
 Chi lui tra l’ombre di sua mano uccise,
 te poc’anzi dovea, lo accusa il foglio,
 assalir ne la reggia. Altri non venne.
 Io sol mossi gli assalti.
 NITOCRI
                                           E fosti l’empio.
 MIRTEO
1015Qual potea uscir da questa destra il colpo,
 me alor lontano e di Cirene e Barce
 inteso a debellar l’armi ribelle?
 Quella del vasto Egitto ultima parte
 forse a Menfi confina? O lasciai forse
1020le schiere in abbandono?
 MICERINO
 Io seco era nel campo; e render posso
 ragione a la sua fede e a’ suoi trionfi.
 MIRTEO
 Apri gli occhi, o regina.
 Al fianco del buon re, fra’ suoi più cari,
1025stavasi il suo omicida. A me sul trono
 non dà un regio natal dritti o pretesti.
 NITOCRI
 Potea darli l’amor.
 MIRTEO
                                     Siimi più giusta.
 L’infelice amor mio, dimmi, qual fece
 ingiuria a la mia fede? A te dal campo
1030volai, morto Amenofi; e l’armi avverse,
 che volean farti guerra
 col nome di Emirena,
 io combattei, vinsi, dispersi. Tanto
 fu del mio amore il mio dover più forte.
 NITOCRI
1035Ma poc’anzi ti armasti, empio, in mia morte. (Volgendosi verso lui)
 MICERINO
 In tua morte? Or si parli. Un falso grido,
 ch’abbia per tuo comando
 Emirena a cader sotto una scure,
 sveglia furie in Mirteo. S’arma in difesa
1040de l’amor suo. Tenta notturni assalti.
 Io gli mostro il suo error. Cadongli tosto
 l’ire dal cor, l’armi dal braccio...
 NITOCRI
                                                            Iniquo! (Verso Mirteo)
 Se il grido non mentia, svenato avresti
 di Emirena a l’amor la tua regina?
 MIRTEO
1045Tolgalo il ciel. Bastava
 preservarla a l’amante.
 Poi recando al tuo piè l’umil vassallo
 il suo ferro, il suo capo,
 chiesta pena ti avria di un sì bel fallo.
 NITOCRI
1050(O felice Emirena!) (Mirteo volgendosi vede la sentenza sul tavolino e prendendola ritorna verso Nitocri)
 MIRTEO
 Queste sono, o regina,
 le colpe mie, non quelle
 che su questo dettò foglio perverso
 rabbia e livor. Tu in mia condanna omai
1055v’imprimi il regal nome. A l’onor diedi,
 e non al viver mio, le mie difese.
 Cangia solo al decreto
 la cagion, non la pena. Io morir voglio. (Nitocri levasi d’improvviso dalla sua seggia e, strappando di mano a Mirteo la sentenza, la fa in più pezzi)
 NITOCRI
 Non più, lacero vada un sì reo foglio.
1060Vivrai, caro Mirteo. Veggo il mio torto.
 Ne ho rossor. Da me avrai...
 MIRTEO
                                                     Nulla, o regina,
 nulla più che il morir. Mi è stato tolto
 quanto avea di più caro, ogni mia spene,
 ogni mia ricompensa, ogni mio bene.
1065Fellone al trono tuo morir non volli;
 e misero al mio mal viver non voglio.
 Che se pur ti dorrà, quando quest’alma
 dal suo carcer mortal faccia partita,
 più ti dorria, s’io rimanessi in vita.
 
1070   Non vedresti in questo core
 che disprezzo, odio, furore,
 duol di vita, amor di morte.
 
    Da la piena del dolore
 son le brame e le speranze
1075tutte oppresse e tutte assorte.
 
 SCENA XV
 
 NITOCRI.e MICERINO
 
 MICERINO
 Pietà mi stringe il core. Io lo compiango.
 NITOCRI
 La sua innocenza è salva.
 L’altrui perfidia è vinta. Io regno; io posso
 tutto in suo scampo; e ’l deggio.
1080Non avran lo sperato
 trionfo i suoi nemici.
 E lo alzerò a tal segno
 da far tremar sino a l’invidia il guardo.
 MICERINO
 Il suo più fier nemico è la sua pena.
 NITOCRI
1085Questa ancor vincerò. Sia tua Emirena.
 
    Sinché un raggio di speranza
 dà baldanza a un forte amor,
 trova un cor fido e costante.
 
    Ma qual foco a poco a poco
1090resta spento,
 se alimento a lui si toglie,
 così doglie e così pene
 senza spene in core amante.
 
 SCENA XVI
 
 MICERINO ed EMIRENA
 
 EMIRENA
 Qui dolor, qui timor guida i miei passi.
 MICERINO
1095Mirteo colpevol credi?
 EMIRENA
                                           Io mai non feci
 oltraggio a sua virtù col dubitarne.
 MICERINO
 A favor di chi s’ama,
 pronte stan le discolpe. Egli è protetto...
 EMIRENA
 Da l’amor di Nitocri.
 MICERINO
                                         E di Emirena.
 EMIRENA
1100Fanno il suo gran periglio i suoi nemici.
 Freme Ratese, il popol corre e grida
 e si affolla e minaccia e vuol sua morte.
 Io ne reco tremante...
 MICERINO
 Diasi pace il tuo duol. Vivrà il tuo amante.
 EMIRENA
1105Ah Micerino! Ah sposo!
 MICERINO
 Sposo ma non di amor, sposo di nome,
 mi ti diede, lo so, forza e timore.
 Altri regna in quel core.
 EMIRENA
 Nol niego. A lor piacer corser gli affetti
1110sinora in libertà. Ma non sì tosto
 del talamo arderan le caste faci
 che di un sacro dover mi farò legge.
 Estinguerò le fiamme anche innocenti.
 MICERINO
 
    Non mi contenti;
1115non sono in calma.
 Tutt’amorosa,
 diletta sposa,
 ti vo’ per me.
 
    Casti, innocenti
1120credo gli affetti;
 ma tra’ sospetti
 sempre angosciosa
 sentirei l’alma
 languir per te.
 
 SCENA XVII
 
 EMIRENA
 
 EMIRENA
1125Alor che dura legge
 mi costrinse per sempre
 a perder in Mirteo tutto il mio bene,
 non credea che potesse
 crescer per nuovi colpi il dolor mio;
1130ma quanto, aimè! lo sento
 ne’ perigli di lui più acerbo e rio!
 
    Se qualor nodo amoroso
 due bell’alme unisce e lega,
 non volesse o non potesse
1135turbar sorte il lor riposo,
 dolce pur saria l’amar.
 
    Ma si ostina la crudele
 e là, dove un amor vede
 e più forte e più fedele,
1140più trionfa in tormentar.
 
 Ballo di egizzi e di egizzie, custodi delle stanze reali.
 
 Fine dell’atto secondo